Dove si trova il Bosco
Esplora il Bosco
...in una piega del suolo veneto
Cison di Valmarino, in posizione centrale rispetto alla Vallata che da Vittorio Veneto si snoda ai piedi delle Prealpi Trevigiane fino a Follina, conserva numerose testimonianze storiche ed un importante patrimonio architettonico ed artistico che documentano l’antico ruolo di centro politico, amministrativo e culturale della Contea di Valmareno.
Nei tempi antichi la parte alta della valle era coperta da selve, mentre la parte bassa era occupata da vaste paludi malsane. I laghi di Revine, formati in parte da acque di infiltrazione e in parte da sorgive, essendo senza emissario, tracimavano continuamente stagnando per tutto il declivio che si stende fino a Follina.
Le popolazioni autoctone di origine gallo-veneta, dopo alterne vicende, sono state sottomesse da Roma nel 118 a.C. Nell’88 a.C. è stata loro concessa la cittadinanza romana.
Il Cristianesimo vi appare ben presto con la predicazione di San Prosdocimo, Vescovo di Padova fra il 250 ed il 300 d.C. Nel Medioevo, sul declinare dell’impero di Occidente, quando si cominciò a sentire il bisogno di difendere la ricca pianura veneta dalle incursioni barbariche provenienti dai passi alpini, (per Cison il passo di San Boldo a levante e il passo di Praderadego a ponente), sono sorte lungo l’arco dei monti, nei punti di maggior interesse, torri, castelli e fortezze a scopo di segnalazione, difesa e rifugio.
Anche a Cison, dentro la valle di S. Antonio, sorge in località Castellazzo il “Castrum Vallismareni”. Si trattava probabilmente di un piccolo presidio posto a guardia del Passo della Scaletta. (La ricerca del gruppo archeologico del Cenedese identifica effettivamente un insediamento tardo-romano alto-medievale (IV° VI° secolo d.C.), rivelando la presenza di fortificazioni e i resti di un’antica chiesetta).
Con diploma del 6 agosto 962 l’imperatore Ottone I il Grande dona il territorio della Valmareno con i suoi possedimenti a Sicardo vescovo conte di Ceneda, il quale lo concederà in feudo ai conti di Porcia e Brugnera loro avogadri e quindi ai conti di Colfosco.
Sofia, unica figlia di Valfredo di Colfosco e di Adelaide di Porcìa, eredita un immenso patrimonio rappresentato da vari feudi e tra questi anche la Valmarino. Sposa nel 1154 Guecellone II da Camino e così i Caminesi subentrano nel Governo della valle.
I da Camino costruirono su un contrafforte del col de Moi a 370 metri d’altezza il “Castrum costae”, documentato fin dal 1198. Sorto quale postazione militare con funzioni di controllo e difesa, nel corso dei secoli, pur conservando la sua funzione strategica, divenne nel contempo sede e dimora del feudatario.
Morto senza discendenza maschile Rizzardo III da Camino, il feudo torna ai Vescovi di Ceneda. La Repubblica di Venezia aiuta i Vescovi a dirimere le numerose beghe sorte dopo la morte del Da Camino e così Francesco, Vescovo di Ceneda, per riconoscenza, investe di potere sul feudo la Repubblica nelle persone di Marco Morosini e Giustiniano Giustinian, procuratori di San Marco.
Nel 1355 Venezia manda nel castello di Valmarino un governatore col titolo di capitano prima e poi di podestà.
In seguito il senato della Serenissima, come beneficio legato alle prestazioni in qualità di conduttori di gente d’armi nelle campagne militari italiane, concede, ad Erasmo da Narni, il Gattamelata, e Brandolino da Bagnacavallo la Contea di Valmareno e la Gastaldia di Solighetto.
Il 5 dicembre 1439 il Gattamelata cede per tremila ducati d’oro la sua quota del feudo a Brandolino da Bagnacavallo, che diviene unico conte di Valmareno e signore di Solighetto.
Da allora e fino alla caduta di Venezia ad opera di Napoleone nel 1797, la storia di Cison va di pari passo con quella della famiglia Brandolini.
Cisone, nominata per la prima volta in un documento del 1170, (“Cison” è forma dialettale usata in tempi posteriori) è stata sempre il vero centro della valle, sia perché situato nel punto più salubre, sia perché coloro che la reggevano solevano risiedere nella rocca sovrastante il paese.
L’antica tradizione ci dice che in tempi remoti l’abitato sorgesse più a monte, dentro la valletta di Sant'Antonio intorno all'attuale chiesetta di San Silvestro che ne sarebbe stata parrocchiale (testamento di Gabriele da Camino del 1224).
L’ubicazione del paese all'interno della valletta voleva dire, per gli abitanti, ricevere più facile protezione dalla rocca allora esistente sul Castelàz, e in pari tempo fuggire ai miasmi della valle in quei tempi impaludata.
Cison, diviene nel tempo il centro del potere poiché il feudatario, investito con la formula di “misto e mero imperio”, esercitava ogni diritto, primo fra tutti, il privilegio giurisdizionale nelle cause civili e penali in prima e seconda istanza, oltre il diritto di dazio sulle merci, sul bestiame e sui generi vari in entrata ed in uscita dal territorio del feudo.
Già sul finire del secolo XIII, su un lato della piazza principale è attestata la presenza di strutture provvisorie e mobili (una tenda o una tettoia in legno) per l’espletamento degli atti amministrativi, divenute col tempo strutture fisse in muratura che assunsero il nome di “Loggia”, con funzioni di cancelleria e tribunale, mentre nei sotterranei c’erano le carceri.
La popolazione era composta da contadini, boscaioli, pastori e piccoli artigiani. Esisteva poi un piccolo nucleo di “milites” al servizio della corte per l’esercizio del potere civile e penale.
L’amministrazione del feudo, che si esplicava a due livelli, quello comitale e podestarile da una parte e quello comunitario con l’assemblea dei “dodese”, aveva bisogno di un certo numero di notai, di giudici e di impiegati di cancelleria per la riscossione dei dazi e delle imposte. Si è andata quindi formando una categoria di persone che, col lavoro di generazioni, è riuscita ad ascendere i primi gradi della scala sociale: piccoli proprietari terrieri, commercianti, uomini di lettere, impiegati e funzionari.
Dal punto di vista edilizio il paese si arricchisce di case e palazzi. La nuova piccola borghesia costruisce abitazioni consone al proprio rango nel centro del paese. Alcuni edifici del tempo, restaurati, sono presenti ancor oggi e testimoniano l’agiatezza e il prestigio sociale raggiunto.
Anche i Brandolini avevano una residenza in paese sulla centrale Piazza Roma, la Casagranda, usata come magazzini, granai e luogo di lavorazione di lana e seta.
Lo stesso conte Brandolini elargisce cospicui contributi per la costruzione della nuova Parrocchiale (1683-1717), arricchita all'interno da opere di Egidio Dall’Oglio (1705-1784) allievo del Piazzetta e successivamente dalle sculture di Marco Casagrande (1804-1880).
Non mancavano i luoghi di svago: le osterie e in piazza il teatro, in quanto la caduta della Serenissima determinerà gli adattamenti che avverranno nel corso del ‘700, con la destinazione della Loggia a teatro finemente decorato, con palchi disposti in vari ordini.
Si lavora anche al vecchio maniero costruendo, al posto di alcuni fabbricati suggestivi ma non più idonei, la parte meridionale del complesso che si erge sulla collina.
Nel ‘700 Cison risente della decadenza di Venezia, che ormai da due secoli riveste un ruolo marginale nello scacchiere europeo perché il Mediterraneo non è più il centro del mondo, ma l’Atlantico.
La Valmarino progredisce con lentezza per la scarsità di mezzi produttivi, tuttavia fin dal XVI secolo i Brandolini intrapresero una politica volta al potenziamento economico del feudo, intrattenendo rapporti commerciali con il Trevigiano, il Bellunese, il Friuli e la stessa Venezia.
Fioriscono le attività artigianali e industriali, la lavorazione di lana e seta, vari opifici (mulini, folli, segherie, fucine, fornaci), in gran parte mossi da un complesso sistema di canalizzazione per lo sfruttamento delle acque lungo il torrente Rujo, tuttora interessante testimonianza di archeologia industriale. L’incremento della bachicoltura, l’apertura di una filanda cui ne seguono altre due, determina ben presto la formazione di una relativa maestranza specializzata.
Il ruolo predominante dei Conti nella vita economica e sociale di Cison era ben presente ancora nell'Ottocento, essendo proprietari di gran parte dei terreni e degli opifici. Nel 1882, annesso alla latteria sociale, sorge il primo caseificio per la trasformazione industriale del latte che si produce in abbondanza, dopo l’adozione di più moderni criteri di allevamento del bestiame Ma le risorse e il lavoro sono insufficienti a soddisfare i bisogni della popolazione e molti disoccupati quand'anche interi nuclei familiari, sono costretti ad emigrare verso le città industriali o all'estero alla ricerca di migliori opportunità.
La prima guerra mondiale porta ulteriore povertà e miseria. Per l’invasione nemica, gli uomini validi di età compresa fra i 15 e i 55 anni hanno dovuto ripiegare con le truppe italiane sul Piave dove si andava costituendo il nuovo fronte. A casa rimangono donne, vecchi e bambini.
Cison per un anno, fino alla fine della guerra, rimane la seconda linea del fronte austriaco. La mancanza di manodopera maschile nei campi, le razzie compiute dal nemico, alimentano la carestia che miete molte vittime e nulla di quanto era appena commestibile veniva trascurato: radici, erbe, frutti selvatici, corniole. Alla fine della guerra la ripresa sarà faticosa, in quanto il settore produttivo è prevalentemente rappresentato da un’agricoltura di sussistenza, basata sull'allevamento, la viticoltura e lo sfruttamento dei boschi. Le donne erano in gran parte occupate stagionalmente nelle filande.
La guerra del ’40 interruppe nuovamente il cammino. Ripartirono gli uomini e i giovani per i vari fronti e molti di essi non fecero più ritorno lasciando nel dolore le famiglie.
Il 2 settembre del ’44, quasi alla fine del conflitto, il paese ha vissuto momenti drammatici: i tedeschi, risalendo il Quartier del Piave verso la Vallata, seminavano distruzione e morte al loro passaggio; nei paesi bruciavano case e stalle; fucilavano i civili senza processo, razziavano gli animali.
Alcuni uomini coraggiosi di Cison decisero allora di andare incontro al nemico offrendosi in ostaggio a garantire l’assenza di partigiani in paese. L’offerta fu accolta e la popolazione, che si era affidata alla Vergine, fu risparmiata da ulteriori lutti e vessazioni; un gesto di valore che ancor oggi viene ricordato con l’annuale processione al tempio della Madonna delle Grazie.
Conclusa la guerra, ogni famiglia ha dovuto fare i conti con nuove ristrettezze derivanti dalla mancanza di lavoro che all'inizio degli anni Cinquanta genera una nuova ondata di emigranti, diretti in gran parte verso le aree produttive di Piemonte e Lombardia, ma non solo.
Negli anni ’60 e ’70 il boom economico investe anche il Veneto e in Vallata sorgono diverse industrie di piccola e media dimensione che offrono lavoro e nuove fonti di reddito alle famiglie. Il benessere conquistato, consente di far studiare i figli e un tetto di proprietà, il che alimenta il settore dell’edilizia, purtroppo non sempre con esiti felici.
Negli ultimi decenni il tessuto socio-economico di Cison ha subito una profonda trasformazione che ha coinvolto il paesaggio pedemontano e i centri storici, con nuove opportunità di lavoro, incontro e svago.
Il territorio collinare, dopo un lungo periodo di progressivo abbandono, ha riconquistato un ruolo economico di primo piano, grazie al riconoscimento prima di zona DOC, e dal 1 agosto 2009, di Denominazione di Origine Controllata e Garantita del vino Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, prodotto in un’area che per 98 ettari si estende nei declivi intorno a Rolle.
Una mutata sensibilità estetica ed affettiva, ha stimolato una intensa attività di riqualificazione di edifici pubblici e privati, con importanti interventi di recupero del patrimonio architettonico e del tessuto urbano nel suo insieme, che valorizzano l’ingente patrimonio che la storia ci ha lasciato.
Ne sono esempi: l’intervento di recupero del castello Brandolini da parte di un imprenditore, che ha trasformato l’antico maniero in centro congressi; il restauro del complesso della Loggia completato dall'Amministrazione Comunale nel 2002 che ha restituito la fruibilità del teatro, ospita il Museo della Radio d’Epoca, la sede della Pro Loco e altri spazi di aggregazione; il ripristino delle ex Cantine Brandolini ad opera della Pro Loco di Cison, ora sede espositiva e ricreativa di notevole pregio. In dinamismo associativo ha promosso un ricco calendario di manifestazioni che costituiscono appuntamenti di richiamo per migliaia di visitatori, molti dei quali, diventano affezionati frequentatori dei nostri sentieri, degli appuntamenti eno-gastronomici e delle iniziative a carattere fieristico.
La sinergia di questi fattori, consente a Cison una nuova vocazione turistica che si è concretizzata l’8 dicembre 2013 con l’ingresso nel Club dei Borghi più belli d’Italia, una associazione che promuove nei circuiti nazionali ed esteri, le peculiarità del territorio, l’offerta turistica locale e le produzioni tipiche.
E dipanando la storia di questa piega del suolo veneto, il Bosco delle Penne Mozze, ad oltre 40 anni dalla posa della prima stele, leva ancora alta la sua voce per evocare e trasmettere alle nuove generazioni i valori fondanti della nostra Patria, nella consapevolezza che la memoria individuale condivisa, diviene memoria collettiva e si fa Storia.